C'è una Liberazione che racconta gli Zingari. Non è vero che su alcuni capitoli storici – la Seconda Guerra Mondiale, i lager, la Resistenza – si sa già tutto, e il resto è noia. C’è un vasto territorio da esplorare, se si hanno domande nuove e se si aprono le molte pagine poco conosciute. Una di queste, ancora ignota al largo pubblico, riguarda l’odissea degli Zingari nell’Europa nazista.
Da un po’ di tempo, in verità, lo sterminio di Rom e Sinti (detto Porrajmos) è oggetto di un certo interesse, sebbene i lavori storiografici fondamentali siano introvabili nelle librerie. Solo pochi hanno scritto su questa tragedia, e tra questi il premio Nobel per la letteratura Dario Fo che, poco prima della sua scomparsa, nel 2016, ha pubblicato “Razza di zingaro” che narra la vita di Johann Trollmann, sinto tedesco, campione di boxe, assassinato in un campo di concentramento. Mancano invece studi complessivi – a quanto sappiamo – sulla partecipazione di Rom e Sinti alla Resistenza europea, un dato tuttavia certo, di cui esistono numerosi riscontri e testimonianze.
Hemingway in “Per chi suona la campana?” raccontava dei Gitani attivi nella guerra di Spagna dalla parte repubblicana, antifascista. Nell’Est europeo e nei Balcani è documentata l’attività partigiana di raggruppamenti zingari che si guadagnarono anche decorazioni al valore, mentre in Francia i Rom dettero un contributo importante all’avanzata angloamericana infiltrandosi oltre le linee nemiche e facilitando le comunicazioni.
Sparse e frammentarie sono invece tuttora le notizie sull’Italia, dove, va ricordato, numerosi Zingari furono internati dai fascisti in campi di concentramento da cui vennero liberati dopo il 25 Luglio 1943. Alcuni di essi si unirono alla lotta partigiana. Fra i «dieci martiri di Vicenza», partigiani fucilati dai tedeschi l’11 Novembre 1944, si conta un gruppo di quattro Sinti, tutti cittadini italiani, musicisti, circensi e giostrai: Walter Catter (Vampa), Lino Festini (Ercole), Renato Mastini e Silvio Paina. Il ventunenne Giuseppe Catter (Tarzan), cugino di Walter, cadde ad Aurigo (Imperia) e fu decorato alla memoria; nel 2014 l’Arci e l’Istituto Storico imperiese lo hanno onorato con una targa.
Presenze zingare sono attestate nel movimento partigiano a Genova, in Trentino, nella Divisione Osoppo in Friuli, nella Divisione Modena Armando in Emilia. Una scarna testimonianza orale fornisce elementi per ricostruire la singolare vicenda de «I Leoni di Breda Solini» (una località presso Rivarolo in provincia di Modena, che prende il nome dal vicino stabilimento). Era così chiamata una brigata di Sinti, professionisti dello spettacolo ambulante, i quali di notte si trasformavano in combattenti mettendo a segno efficaci azioni contro i tedeschi.
La storia più nota, assai interessante e straordinaria per molti versi, è quella del piemontese Amilcare Debar, detto familiarmente Taro. Nato nel 1927, avendo perso entrambi i genitori, venne allevato con la sorellina in un orfanotrofio, dimenticando la propria origine zingara. Nel 1944, a 17 anni, si arruolò come staffetta partigiana e diventò poi combattente col nome di battaglia di Corsaro nella 48ª Brigata Garibaldi. L'Istituto piemontese per la Storia della Resistenza conserva una scheda a lui dedicata, nella quale si legge fra l'altro: «Figura molto valida. Un uomo naturalmente capo. Notevole la sua capacità di risolvere i problemi, da quelli quotidiani della sopravvivenza alimentare, alle decisioni operative di guerra». Taro ebbe modo di conoscere anche Sandro Pertini, che quarant'anni dopo lo riceverà in Quirinale con un gruppo di ex partigiani, riabbracciandolo calorosamente.
Dopo la Liberazione, Debar entrò in polizia, e fu proprio in veste di poliziotto che gli capitò, controllando i documenti di alcuni nomadi, di ritrovare i parenti perduti. Si riappropriò così della identità sinta, andò a vivere in un campo con la sua gente, adottandone i mestieri, impegnandosi nella difesa dei diritti del popolo Rom e Sinto e parlando a suo nome in varie riunioni internazionali, fra cui alle Nazioni Unite. Partigiano fino alla morte, che lo colse nel 2010 a 83 anni, Amilcare Debar ci ricorda che la Costituzione italiana, nata grazie anche al suo contributo e al sacrificio di tanti, recita all'art. 3: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali». E che la Repubblica dovrebbe rimuovere tutto ciò che ostacola l’uguaglianza e limita la libertà.
Riassumendo, Rom e Sinti di cui si abbia notizia nella Resistenza in Italia, sono stati:
Giuseppe “Tarzan” Catter, eroe partigiano sinto, ucciso dai fascisti nell’Imperiese, il suo distaccamento ne prese il nome, fu decorato al valore;
Walter “Vampa” Catter, eroe partigiano sinto, Martire di Vicenza, fucilato l’11 novembre 1944;
Lino “Ercole” Festini, eroe partigiano sinto, Martire di Vicenza, fucilato l’11 novembre 1944;
Silvio Paina, eroe partigiano sinto, Martire di Vicenza, fucilato l’11 novembre 1944;
Renato Mastini, eroe partigiano sinto, Martire di Vicenza, fucilato l’11 novembre 1944;
Giacomo Sacco, partigiano sinto, partecipò alla liberazione di Genova;
Giuseppe “Tzigari” Levakovich, partigiano sinto nella Brigata “Osoppo” in Friuli Venezia Giulia;
Rubino Bonora, partigiano sinto nella Divisione “Nannetti” in Friuli Venezia Giulia;
Amilcare “Corsaro” Debar, partigiano sinto, staffetta e poi partigiano combattente nella 48ª Brigata Garibaldi “Dante Di Nanni”;
Vittorio “Spatzo” Mayer, partigiano sinto in Val di Non;
Mirko Levak, partigiano rom, scappato dal campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau;
Fioravante Lucchesi, partigiano sinto nella Divisione Modena Armando;
“I Leoni di Breda Solini”, battaglione formato unicamente da Sinti italiani, fuggiti dal campo di concentramento di Prignano sul Secchia (MO), che operò nel mantovano.
Il 25 Aprile è arrivato anche grazie a loro, nonostante non ci si riesca ancora a liberare dal pregiudizio che ha segnato da sempre la storia di questo popolo.